Se ne vadano tutti (che così arriviamo noi)
È lo slogan (ed il senso) del Partito Comunista dei Lavoratori guidato da Marco Ferrando. A sentirlo, non si sa se mettersi a ridere o a piangere. Vogliono mandare via tutti, quasi tutti, diciamo tutti tranne loro. Sognano un governo dei lavoratori, vorrebbero trasformare l’Italia in un altro paese del socialismo veramente (in)esistente. Fanno quasi tenerezza, a vederli con la falce in una mano e il martello nell’altra, mentre ostentano il loro rigore proletario e la loro fiducia nel gioco parlamentare. Criticano i loro colleghi di destra, criticano i loro colleghi di sinistra, promettono battaglia, vogliono difendere gli «operai» che considerano deboli perché senza rappresentanti (cioè senza di loro). Macché, se la classe lavoratrice è debole è perché ne ha troppi di rappresentanti. La sua forza l’ha perduta nel momento in cui l’ha delegata ad altri. A furia di starsene immobili ad aspettare buone notizie dal parlamento, ovvio che ci si indebolisce. Se si vuole riprendere forza, meglio non votare; se si vuole diventare sempre più deboli, meglio votare. Ma allora, voto per voto, tanto vale puntare sui partiti più grossi. Ecco perché Ferrando e i suoi sono patetici, perché chissà dove penseranno di arrivare. L’esito elettorale, quale che sia, li spazzerà via.