Qualunquisti, ecco quel che siamo noi astensionisti. Qualsiasi politico, qualsiasi livrea indossi, ve lo potrà testimoniare. Il rifiuto della politica, il non-voto, è a suo dire sinonimo di indifferenza nei confronti delle questioni sociali. Che assurdità! Già il pulpito da cui parte una simile accusa non è dei migliori, appartenendo a chi ha dimostrato di avere a cuore solo la propria carriera politica. Non sono gli elettori a varare leggi ad personam, non sono loro ad aver lasciato accumulare tonnellate di spazzatura nelle strade di Napoli. Ma poi, a ben riflettere, è vero l’esatto contrario. Il qualunquismo è quello di chi affida le decisioni riguardanti la sua vita a qualcun altro, ad un estraneo, sapendo in anticipo che questi tradirà la sua fiducia. Il qualunquismo è la delega della propria volontà e della propria capacità decisionale. Il qualunquismo è questa stolta passività che porta ogni tot anni l’elettore a mettere una croce sopra le proprie aspirazioni, abdicando alla possibilità di metterle in atto in maniera autonoma. A cosa serve un delegato, un rappresentante, se non a permettere all’elettore di non occuparsi in prima persona delle questioni sociali? Elettore, sei tu il qualunquista.
L’indifferenza degli astensionisti, degli astensionisti consapevoli per lo meno, è indirizzata esclusivamente a quanto accade in alto, ai piccoli e grandi giochi di potere che travagliano la vita del Palazzo. L’astensionismo esprime una «indifferenza creatrice», un «nulla creatore» del tutto salutari: la tabula rasa di ciò che è che apre la porta a ciò che potrebbe essere.
«I bambini credono in Babbo Natale. Gli adulti votano»
(Pierre Desproges)