La nostra vita non si delega né si contratta

E ci risiamo! Dopo soli due anni tornano a “chiederci” quale, fra i tanti gruppi di potere che ci propongono, ci dovrà governare. Si aspettano la solita farsa, il “loro” popolo ben incolonnato per fare una X su un foglio di carta e gettarlo dentro il forno crematorio della propria coscienza.
Non soddisfare le esigenze di chi mira a sopraffare il prossimo attraverso la delega è un primo passo: NON VOTIAMO!
Attraverso la via delle urne si arriva a delegare la propria vita, le proprie emozioni, i propri piaceri. Per riconquistarsi un’esistenza degna di essere vissuta non si compila una semplice scheda, bisogna affidarsi alle proprie capacità e forze…bisogna lottare. Nessuno ci può rappresentare meglio che noi stessi.
Perché delegare ad altri la nostra vita? Il consenso che oggi ci chiedono si trasformerà presto e come sempre in ordini a cui noi dovremo obbedire. Irreggimenteranno ulteriormente le nostre esistenze, stabilendo come, dove e quando mangiare, dormire, lavorare e fare all’amore, poiché tutto dev’essere schematizzato, omologato e manovrato dall’alto affinché riesca ancora a sopravvivere un sistema economico che si fonda sul dominio dell’uomo sull’uomo, sull’importanza delle merci e non dei viventi, sul quantitativo a scapito del qualitativo.

Tra gli schieramenti che si presentano alle elezioni non ci sono assolutamente divergenze in merito alle questioni principali. Sono tutti portatori di ordine e disciplina, fanno tutti appiglio al becero nazionalismo di questi tempi, credono nella centralizzazione del potere nelle mani di chi è più forte, una meritocrazia del profitto e del servilismo.
Che vinca la destra o la pseudo sinistra, la nostra vita non si riaccende, non riprende né forma né colore autonomo, semplicemente si adatta a chi la governa grazie alla coercizione psicologica ad opera dei burattini del potere, i media.

Non andare a votare significa disinteressarsi alla politica istituzionale per riprendere in mano la nostra vita in ogni luogo della quotidianità, non più nei palazzi del potere. Per farlo è necessario ricreare quegli spazi di socialità e autogestione che giorno dopo giorno ci vengono tolti al fine di atomizzarci. Pensiamo ai parchi pubblici sigillati con fil di ferro e cancellate, alle montagne sempre più devastate e invase da costruzioni e proprietà private, alla mancanza di luoghi di aggregazione diversi da bar, cooperative e circoli finto-culturali a scopo unicamente di lucro.

Andare a votare significa invece non avere più speranze, non credere più nella capacità dell’uomo e della donna di liberarsi autonomamente da queste catene che, se non sono ancora palpabili con le dita, si vedono comunque sempre più ad occhio nudo.
Andare a votare significa continuare ad affidare ad altri la nostra vita, attendendo passivamente il giorno in cui ci concederanno la libertà…
Ma la libertà non può essere concessa, la libertà non è una legge scritta né una formula matematica.
La libertà o si conquista con amore e rabbia, o non può esistere.

L’autorganizzazione, il mutuo appoggio, la cooperazione reale, pratiche purtroppo sempre più rare, devono ritrovare interesse nell’individuo, devono rinascere per poter abbattere questo circolo vizioso che mira a penetrare ogni campo della nostra vita con autorità, gerarchie, competizione e denaro.

Non abbiamo bisogno né di capi, né di leggi, né tantomeno di deleghe.

CHI SI RECA ALLE URNE E’ COMPLICE DELLO STATO
CHI SCEGLIE IL VOTO SI METTE ALLA GUIDA DEL PROPRIO CARRO FUNEBRE

E se qualcuno crede che chi non vota non abbia poi il diritto di lamentarsi …stia pure tranquillo…chi vuole rivoluzionare l’esistente non si lamenta mai…INSORGE!

ALCUNI RAPPRESENTANTI SOLO DI SE STESSI

F.I.P .in via le urne a Lecco Aprile 2008

(Da www.informa-azione.info)