Manifesto 1890

Operai e contadini,
ancora una volta il governo chiama una parte di voi a nominare i deputati.

Non ci andate. Coloro che oggi vi adulano, vi carezzano e vi fan mille promesse, ritorneranno a speculare sul vostro sudore e sul vostro sangue. Se davvero codesti signori vi volessero tanto bene quanto dicono, perché non incominciano a lasciarvi la roba vostra? Voi lavorate come bestie, producete tutto, e non avete fame per sfamarvi, non avete tetto sotto cui ricoverarvi; e coloro che tutto vi tolgono, il proprietario che vi ruba il raccolto, il padrone di casa che vi spilla gli ultimi centesimi per permettervi di abitare in un canile, l’industriale che vi lascia intristire accanto ad una macchina e si appropria di quello che producete, vengono qui a parlarvi dei vostri interessi e a domandarvi il voto!

Non glielo date, qualunque sia il partito da cui s’intitolano. Azzurri, o rossi, o neri, i signori sono tutti nemici vostri perché tutti vivono sul vostro sudore. Votando, voi accettereste le vostre misere condizioni, perdereste perfino il diritto di lamentarvi.

Né crediate di potere, come vi danno ad intendere, mandare al parlamento dei compagni vostri, che lavorano e soffrono come voi. Può forse riuscire deputato il sincero contadino che lavora 14 ore al giorno per 14 soldi? O il minatore disfatto da un lavoro bestiale che lo fa vecchio ai venti anni? O l’operaio che s’abbrutisce in una fabbrica e non riesce a sfamare la famiglia? E quand’anche, per impossibile, dei disgraziati compagni vostri riuscissero deputati, che cosa potrebbero fare in mezzo a gente ricca, potente ed istruita in tutte le arti della corruzione e dell’inganno?

Chiamati ad occuparsi di questioni che non intendono, d’interessi che non li riguardano, intimiditi e lusingati, beffeggiati con spirito, soccorsi con delicatezza, ubriacati dalle speranze e paurosi di ritornare nell’orrida posizione di lavoratori, che cosa potrebbero fare se non diventare servi del governo e dei deputati signori come già sono servi dei signori proprietari?

Votando, Voi non avete che una scelta sola. O nominate i signori oppure cascate in mano ai politicanti di mestiere, che è gente che sta al servizio dei signori, o che i signori e il governo sopportano, perché serve a gettar polvere negli occhi del popolo e trastullarlo con lotte inutili e con speranze impossibili. E poi, siete liberi voi di votare per chi vi piace, quando il padrone vi può togliere il pane se non votate per chi vuole lui? E avete voi il tempo ed i mezzi per controllare tutte le fandonie che i candidati vengono a raccontarvi?

Quante volte vi han ripetuto le stesse promesse! Quanti uomini dalle belle parole si sono presentati a voi salvatori! Voi avete creduto loro, li avete sostenuti ed aiutati a salire in alto; e poi? Gli eletti sono andati a godersi le delizie del potere e voi avete continuato a mangiare polenta senza sale, o erba cotta nell’acqua. Si è forse alleggerito il vostro lavoro? È cresciuto, almeno un poco, lo scarso pane dei vostri figlioli? Vi è forse lasciato un po’ più di libertà e di dignità? No; al contrario la vostra posizione diviene sempre peggiore. E dopo questo sarete tanto sciocchi da dare ascolto ai ciarlatani che vi domandano il voto per loro stessi o per i loro amici? Non votate! Lasciate che i signori si azzuffino tra di loro per dividersi le vostre spoglie; e voi pensate a non farvi spogliare né dagli uni, né dagli altri. Pensate a liberarvi da voi, poiché sarebbe assurdo sperare l’emancipazione da coloro che vivono dei mali vostri.

Operai e contadini,
per essere liberi e felici voi avete bisogno innanzi tutto di liberarvi di codesti ladri di padroni, e del governo che li sostiene. (…) Il governo ed i signori sono forti, perché voi avete paura. Unitevi, rivoltatevi, ed il governo andrà in fascio ed i signori scapperanno. (…)

Che aspettate? Non v’è più sangue dunque nelle vostre vene esauste? Nessuna sofferenza è troppo grande per la vostra pazienza? Nessun insulto arriva a rivoltare il vostro orgoglio avvilito? (…)

L’astensione è il guanto di sfida, la dichiarazione ufficiale di guerra, che il popolo lancia ai suoi dominatori. Alla vigilia della battaglia nulla vi deve essere di comune tra schiavi e tiranni, tra sfruttati e sfruttatori. Guerra e guerra a morte.