Deus Doxa

A destra come a sinistra si fa un gran uso dei sondaggi, di questa falsa scienza che dà l’illusione di sapere. I sondaggi danno anche una buona coscienza politica a chi crede di aver consultato «democraticamente», senza correre rischi, ciò che pensa essere «la base». Attraverso questo sotterfugio tecnico, la politica anziché affrontare le questioni sociali tiene a distanza gli individui in carne ed ossa a profitto di una figura mitica: il popolo atomizzato e neutralizzato dei sondaggi. Le inchieste telefoniche permettono ai politici di «consultare il popolo» senza nemmeno vederlo in faccia, senza dover fare quello sforzo minimo di chiarificazione che va ben al di là delle risposte preconfezionate di un questionario. Quanta demagogia nel non vedere che la formazione di un parere implica una conoscenza minima, che un parere su una data questione o su una situazione si costruisce, si trasforma e si modifica. Tranne per i sondaggisti, il parere non è una laconica risposta che «si dà» sull’istante senza spiegazione, ma una presa di posizione che si pondera e si discute.
In una dittatura, modo di organizzazione del dominio arcaico e di cattivo gusto, l’inquisitore maneggia le tenaglie, gli elettrodi o la camicia di forza per ridurre l’opposizione dei refrattari ai dogmi proclamati dal potere. In democrazia, i sondaggisti propongono amabilmente ogni settimana ai cittadini la loro opinione del momento. È la gestione delle apparenze.

«Questo è l’effetto fondamentale dell’inchiesta d’opinione: costituire l’idea che esista una opinione pubblica unanime, quindi legittimare una politica e rafforzare i rapporti di forza che la fondano o la rendono possibile»
(Pierre Bourdieu)